A
volte capita di assistere a fatti che rappresentano pienamente l'ideologia di fondo
della cosiddetta “Giustizia Sociale”. Nessuna meravigliosa critica scritta a
riguardo supera l’elegante semplicità del recente lavoro di alcuni dei suoi
sostenitori: mi riferisco al recente video pubblicato in occasione della
“Giornata Mondiale della Giustizia Sociale”, nella quale gli studenti e gli
insegnanti sono invitati a completare questa frase:
“Ciascno ha diritto a _____”.
Il
video è un vivace montaggio delle possibili integrazioni dell'enunciato,
accompagnate da una piacevole melodia; mostra gli studenti e gli
insegnanti intenti a completare l’esercizio, dando risposte che consistono in una lista dei più disparati desideri: dalla
conoscenza alla giustizia, dall’amore alla compassione e dalla verità
all’assistenza medica, all’educazione, all’alimentazione, all’acqua
potabile, alle scarpe, al rock e roll e perfino ai lecca lecca e al gelato.
World Day
of Social Justice
GlobeMed at Rhodes College's
photo project for the World Day of Social Justice
Alcuni
di questi desideri potrebbero essere considerati, effettivamente, “diritti”,
interpretando alla buona, ma, per la maggior parte di essi, si tratta di
capricci veri e propri (gelati e rock and roll ad esempio). Inoltre, la qualità
dei beni desiderati induce a pensare: qualsiasi
cosa desiderabile è un diritto. Più cibo? È un diritto. Migliore assistenza
sanitaria? Diritto. Conoscenza e compassione? Idem. Tutti diritti. Amore, cure
prenatali, lecca lecca? Diritti, diritti, diritti.
Sebbene
breve e semplice, il video mostra perfettamente l’attitudine che pervade le
discussioni politiche modern, in special modo quelle tra i sostenitori della
“giustizia sociale”. Per tali persone, la nozione di “diritto” equivale a
quella di prestazione dovuta, indicante una pretesa di qualsiasi bene o servizio desiderabile, non importa quanto futile, astratto o concreto, nuovo o
vecchio. Si tratta di una distorsione linguistica atta a raggiungere questo o
quel desiderio.
Infatti,
poiché il programma di giustizia sociale inevitabilmente implica la fornitura
statale di determinati beni o servizi, attraverso gli sforzi altrui, il
termine, attualmente, si riferisce all’intenzione di usare la forza per soddisfare i nostri desideri.
Non guadagnare merci desiderate
attraverso il pensiero razionale e l’azione (la produzione e lo scambio volontario)
ma ottenere ciò che è desiderato attraverso la coazione sulle altre persone!
Questa
è una visione completamente erronea della nozione di “diritto”. Un diritto attuale è una prerogativa morale
derivata dall’applicazione della filosofia morale alla natura umana: si tratta
di un termine utilizzato dalla filosofia per designare un principio morale
attuale che dovrebbe derivare oggettivamente dall’esame della moralità naturale
dell’uomo. I diritti non sono costruzioni soggettive: sono principi oggettivi
validati dalla filosofia morale (in particolare, dalla filosofia politica, quel
ramo della filosofia morale che si occupa della dell’uso della forza).
Una
persona ha diritto a una cosa particolare – in contrapposizione al desiderio
per quella stessa cosa – qualora egli abbia una prerogativa morale che
giustifichi la sua pretesa. Questa deve necessariamente essere accompagnata da
un’ingiunzione corrispondente gravante su altri, atta a prevenire gli
ostacoli che si pongano all'acquisizione della cosa stessa da parte del
legittimo titolare. Il diritto non esiste nel vuoto, ermeticamente chiuso agli
altri. Quindi, affermare l’esistenza di diritti di proprietà (una cospicua
omissione del video) in capo ad una persona non consiste in una semplice
speranza di soddisfazione dei propri desideri: è moralmente giusto per una persona controllare la sua proprietà e moralmente sbagliato che gli altri
intervengano nella sua sfera proprietaria. I diritti si riferiscono a ciò che è
attualmente giusto – cioè moralmente
giusto.
I
diritti autentici esistono quali verità eterne della filosofia morale: principi
che mantengono la loro validità senza riguardo al tempo , al luogo o alle
invenzioni presenti. Quindi non esiste un “diritto alle scarpe” o un “diritto
al gelato” o al rock and roll o a cose di recente scoperta o invenzione.
Sostenere il contrario equivale a ridurre i diritti ad una lista di shopping di
ultimo grido.
Come
i critici della giustizia sociale sono costretti a ribadire ad nauseam, affermare l’esistenza di un
diritto verso qualche bene o servizio (ad esempio: acqua potabile, assistenza
medica, educazione, cure prenatali, gelato, etc.) implica che qualcun altro debba fornire quel bene: conferisce la prerogativa morale di disporre
delle capacità altrui per la soddisfazione dei propri desideri. Quando abbinata
all’offerta pubblica di questi mezzi (come è sempre il caso nelle intenzioni
dei sostenitori della giustizia sociale), conferisce la facoltà di usare la
forza per raggiungere i nostri scopi – costringere
altri a fornirti gelati, acqua potabile, capacità mediche e via dicendo. È il
principio del ladro, del rapinatore, del criminale che concepisce i suoi voleri
e desideri come ragioni per imporsi coercitivamente sugli altri.
La
propaganda della “giustizia sociale” opera avvolgendo i desideri nel linguaggio
giuridico, assicurandosi di evitare la scomoda menzione circa le modalità di
offerta e fornitura di quei beni. Vediamo nel video un presunto diritto alla “educazione
gratuita”; con un po’ di onestà, suonerebbe così: “prendere con la forza il
denaro altrui per pagare la costosa educazione di qualcun altro”. Ma cosa è
l’educazione “gratuita”? “Gratuita” per chi?
In
una società razionale, con una corretta comprensione dei diritti, l’asserzione di
una prerogativa morale all'educazione gratuita, all'assistenza medica o al
gelato sarebbe guardata come un’imbarzzante reductio
ad absurdum. Le presentazioni ove i giovani ribadiscano
l’esistenza di diritti del genere, senza riguardo alcuno alla provenienza dei
beni o servizi, sarebbero considerate un divertente esempio di bizzarria e spensieratezza giovanile. Ma nell'assurda cultura odierna, tutto ciò è messo in
scena dai sostenitori della “giustizia sociale” quale espressione dei loro
ideali.
Alcuni
potrebbero obiettare:
“Dai, si tratta di diritti reclamati ironicamente, non
vedi? Nessuno oserebbe affermare seriamente l'esistenza del diritto al gelato o al rock and
roll. Si stanno solo divertendo un po’. Sveglia!”.
Ecco
il problema: affermare l’esistenza del diritto al rock e roll o al gelato non è
meno sciocco di quanto sia asserire il diritto all'assistenza medica o
all'educazione; si tratta di casi di domanda per beni e servizi forniti a spese
altrui - l’elevazione a diritto di un
desiderio. Reductio ad absurdum perché entrambi seguono lo stesso approccio
filosofico ai diritti – differenziandosi nel grado e non nel tipo.
Lasciate
che sia chiaro: non intendo condannare I giovani nel video. La maggior parte
delle cose identificate quali “diritti” sono, effettivamente, beni o servizi
desiderabili ed è rinfrancante sapere che questi giovani vogliano vivere in un
mondo di verità, amore, giustizia, benessere, cibo e acqua pulita nonché
educazione. Effettivamente, nonostante gli sbagli grossolani, quest’attitudine fa ben
sperare per il futuro.
L’errore
sta nell'equivoco tra cose desiderate e diritti:
le prime non sono comprese tra i secondi. Sfortunatamente, si tratta di un errore
pienamente comprensibile, data la natura dell’educazione e del dibattito
pubblico odierno. La maggior parte dei giovani, arrivati all'università, non ha
mai studiato seriamente il fondamento filosofico della categoria “diritti”,
quindi la loro conoscenza del soggetto deriva dalle domande dei gruppi di
pressione in cerca di rendite nel sistema politico (e dalla demagogia dei
politici stessi). Il dritto al gelato è una cosa evidentemente ridicola, ma non meno filosoficamente
difendibile delle centinaia di pretese giuridiche che riempiono i
nostri telegiornali o i parlamenti mondiali.
Ciò
che intendo sottolineare, tuttavia, non è l’errore dei giovani nel video, molti
dei quali non hanno ragione di conoscere in maniera adeguata la natura dei
diritti, ma l’evidente reductio ad absurdum (che il video dimostra) adottata
dagli stimati gruppi pro giustizia sociale e utilizzata orgogliosamente quale
fondamento della filosofia in questione. È chiaro che, in queste circostanze,
ci troviamo di fronte a movimenti intellettualmente falliti.
Articolo di Ben O'Neil su Mises.org
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